Il Condominio è stato condannato, ai sensi dell’art. 2051 c.c., a risarcire i danni patiti dai proprietari di un’unità immobiliare che era stata colpita da infiltrazioni provenienti dal tetto condominiale, per l’inerzia dimostrata nel risolvere le problematiche denunciate dagli stessi.

La sentenza del Tribunale di Cosenza

Così si è pronunciato il Tribunale di Cosenza, con la sentenza n. 770/2023, che ha ritenuto provato il danno e la sua quantificazione sulla base della fattura pagata dal condomino, le foto delle macchie sul soffitto dell’immobile in corrispondenza della copertura dell’edificio e le ammissioni dell’amministratore in merito alla situazione esistente. In particolare, l’art. 2051 c.c. recita: “ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”. La norma in commento prevede, quindi, una responsabilità oggettiva in capo al custode, poiché spetta al danneggiato allegare e provare che l’evento lesivo sia collegato da un nesso eziologico alla cosa oggetto di custodia.

Il danneggiato deve fornire le prove

Più specificatamente, affinché possa essere utilmente invocata questa tipologia di responsabilità

è onere del danneggiato provare il fatto dannoso ed il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno e, ove la prima sia inerte e priva di intrinseca pericolosità, dimostrare, altresì, che lo stato dei luoghi presentava un’obiettiva situazione di pericolosità, tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, il verificarsi del secondo, nonché di aver tenuto un comportamento di cautela correlato alla situazione di rischio percepibile con l’ordinaria diligenza, atteso che il caso fortuito può essere integrato anche dal fatto colposo dello stesso danneggiato (cfr. Cass. n. 1064/2018; Cass. n. 11526/2017; Cass. n. 12895/2016).

Una volta dimostrata la sussistenza di tali elementi, grava sul custode l’onere di dimostrare l’inidoneità in concreto della situazione a provocare il pregiudizio oppure che la medesima non sia riconducibile alla colpa del danneggiato, ovvero che sono intervenuti altri fatti idonei di per sé a interrompere il nesso causale tra la custodia del bene ed il danno (cfr., ex pluribus, Cass. n. 26751/2009).

Anche se nel caso affrontato dal Tribunale di Crotone con la sentenza n. 770/2023, il Giudice non aveva disposto, in corso di giudizio, una consulenza tecnica d’ufficio, l’Autorità giudiziaria ha ritenuto che plurimi elementi inducevano a ritenere che i danni lamentati fossero derivati dalle infiltrazioni d’acqua provenienti dal tetto del fabbricato condominiale.

Gli elementi forniti dai danneggiati – nel caso di specie, le foto delle macchie sul soffitto dell’immobile in corrispondenza della copertura dell’edificio, la denuncia delle infiltrazioni, la consulenza tecnica di parte che attribuiva il problema alla cattiva manutenzione del tetto, le ammissioni dell’amministratore e, soprattutto, la diffida del Comune a intervenire dopo la segnalazione dell’Asl – avevano fatto ritenere raggiunta la prova in ordine ai fenomeni infiltrativi che erano stati riscontrati nell’unità di proprietà degli attori e che questi erano conseguenza allo stato di incuria del tetto dello stabile.

Provato il danno, il nesso causale e l’origine del pregiudizio, ovvero la mancata manutenzione del tetto, il Tribunale di Cosenza, con la sentenza n. 770/2023, ha ritenuto responsabile del pregiudizio l’ente di gestione dello stabile, che di esso è custode, e ha riconosciuto ai proprietari dell’immobile il risarcimento del danno quantificato nell’importo dei lavori che si erano resi necessari per il ripristino della salubrità delle pareti e la loro pitturazione.

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